Lavoro di taglio e cucito è l’attività del montatore. Anche se sembra che l’indagine non possa mai finire si propende per la scuola di Brighton come pionieri del taglio e cucito. Nella sua preistoria, il cinema è il prolungamento della fotografia nel tempo, Ed è evidente come il montaggio lo abbia trasformato in una successione di immagini in movimento che, concatenate, sviluppano un senso. È tuttavia da distinguere chi si limita a creare la successione dei quadri e chi articola i piani differenti all’interno della medesima scena, nonostante i mezzi e le tecniche, nel tentativo di giungere ad un “linguaggio cinematografico”. Affermare che il cinema sia un linguaggio sottolinea come quest’ultimo sia un corpo vivo grazie agli interscambi delle principali convenzioni continui tra gli autori e gli spettatori, nelle platee di cinema di tutto il mondo. Gli anni 10 e 20 sono quelli in cui si codificano le regole e le abitudini del cosiddetto “cinema hollywoodiano classico” votato alla ricostruzione in modo maniacale dell’illusione di realtà. È necessaria una distinzione tra macrostruttura (montaggio come stacco tra una sequenza e la sua successiva) e microstruttura (creazione della sequenza tramite i raccordi e gli attacchi).La prima ha una funzione narrativa ed è già determinata dalla sceneggiatura mentre la seconda e il montaggio vero e proprio come costruzione fisica nella singola scena. Perché tagliare quindi? Vari sono i punti di vista: per un artista degli anni 50 non vi è alcuna necessità per non frammentare la forza emotiva degli attori; per il cinema degli esordi invece il concetto di tagliare e una grande conquista per poter realizzare ambizioni sempre più grandi.
Qual è stato il punto di riferimento per i primi cut in una scena? Il primo piano è la derivazione del binocolo da teatro, un accessorio che signore e signorine, utilizzavano per vederci meglio. Questa idea applicata quindi alla ripresa cinematografica trasforma un’abitudine dello spettatore teatrale in una convenzione vera e propria con il principio di necessità ( tagliare dove è necessario vederci meglio) e di economia (veder meglio l’elemento più rilevante nella scena). Quali sono le condizioni per tagliare e cucire correttamente? In primo luogo le inquadrature devono essere piani e campi differenti dalle precedenti. Lo stesso concetto può essere visto anche nei piani sequenza, che seppur girate senza stacchi, grazie all’ azione degli attori ai movimenti di macchina permettono di individuare campi differenti. L’idea di montaggio trova quindi tre modi di intendere il cambiamento di piano: determinato dal azione scenica, dal movimento di macchina e dal montaggio in senso stretto. Le prime due prendono in considerazione la recitazione, la gestione del set, il lavoro dei registi, degli attori e della troupe. Il montaggio serve a frantumare e ricomporre la continuità spazio-temporale e ad aggiungere un’inquadratura alla precedente facendo procedere la narrazione e arricchendola di nuovi significati.
Questa aggiunta da all’audiovisivo la capacità di essere una forma di comunicazione: con del senso una forma, un ritmo, un proprio tempo e proprio spazio. Il montaggio produce il senso sia come narrazione ( sviluppo del racconto, della storia), sia come descrizione ( la ripresa dello svolgimento di un’azione), sia come concetto. Il montaggio permette di ordinare la forma dell’audiovisivo sia come principio ordinatore; sia come schema, modello di una serie di prodotti, di un genere, di una tendenza, di uno stile di regia o di una scuola; se posto all’inizio è in grado di introdurre lo spettatore in un clima che avrà tutto lo sviluppo successivo. Il montaggio è ritmo basandosi sul concetto che le inquadrature abbiano un peso determinato sia dal tempo di esplorazione dell’immagine sia dall’ azione che si sviluppa nell’immagine, sia dall’importanza che può avere nello sviluppo narrativo e infine dalla storia dell’inquadratura stessa che può variare da pubblico a pubblico o nel corso del tempo. Il montaggio gioca sempre col tempo, creando bruschi salti in avanti e indietro, azioni parallele o sincrone e trasformandolo in qualcosa o simile o diverso dal tempo reale di durata della scena.
Viene così a crearsi col montaggio un tempo cinematografico che a che fare più con la percezione emotiva dello spettatore che con il tempo reale. Il montaggio crea lo spazio perché ogni inquadratura non può evitare di avere un “fuori campo” da esplorare, perché può subire un processo di essenzializzazione e e perché vi è la possibilità di creare nella sequenza uno spazio diverso o assolutamente nuovo.