La comunicazione umana primaria si serve della voce. Dunque di suoni. Proprio questi ultimi sono studiati dalla fonetica (dal greco “suono”). La fonetica è quel ramo della linguistica e della glottologia che si occupa dello studio dei suoni di una lingua ovvero la loro produzione ed emissione. Più semplicemente, potremmo dire che la fonetica si occupa della pronuncia del suono.
Strettamente correlata ad essa, c’è la fonologia che si occupa dello studio dei fonemi ovvero la rappresentazione astratta di un suono. I fonemi vengono considerati dai linguisti come l’unità minima di seconda articolazione.
La comunicazione umana è possibile non soltanto attraverso il parlato vero e proprio. Ogni civiltà ha ideato un sistema dotato di segni che è la scrittura. Per rappresentare i fonemi si utilizza un alfabeto. I grafemi rappresentano le lettere. In Italiano l’alfabeto è composto da 21 lettere che si avvalgono di segni di punteggiatura che conferiscono il ritmo e arricchiscono il significato dello scritto. Alle 21 lettere propriamente dell’italiano si sono aggiunte 5 lettere straniere (j,k,w,y) che ormai sono state assimilate alla lingua.
Le lettere dell’alfabeto italiano possono essere suddivise in tre gruppi. Il primo gruppo è rappresentato dalle vocali (a, e, i, o, u) che non sono presenti in tutte le lingue. Ad esempio, l’ebraico ne è privo. Il secondo gruppo è quello delle consonanti costituito da tutte le altre lettere tranne la h che fa gruppo a se in quanto non contiene un suono proprio. Le consonanti vengono distinte sulla base del suono che esse producono in ulteriori sei sottogruppi: labiali (p, b, m); dentali (t, d,); labiodentali (f, v); alveolari (s, z, l, r, n, s, z); palatali (c, g) e velari o gutturali ( c e g davanti a o u). La s e la z sono dette bisonore a causa del loro suono aspro o sibilato. Il terzo gruppo è quello delle semiconsonanti che nella loro pronuncia hanno un suono intermedio tra le consonanti e le vocali.
Un discorso a parte viene fatto per le lettere straniere. Nell’ortografia italiana la j era spesso utilizzata per rendere la i semiconsonante in posizione iniziale ed intervocalica. In generale, possiamo affermare che la j e la y vengono adoperate in parole derivanti dall’inglese (es. jazz, bypass). La w si ritrova nelle parole di origine tedesca (es. wafer) mentre la k in parole di varia natura.